Uno spettro s’aggira in Europa: la rivolta dei proletari


 

Il capitale internazionale ha individuato nella Germania il suo punto di forza e di riferimento, il bastione politico dietro cui si riparano gli interessi delle tecnocrazie e delle élite finanziarie mondiali. Se la Germania è l’interlocutore privilegiato del grande capitale all’interno dell’area dell’euro, la conseguenza è esattamente l’imposizione dall’alto di una linea politica di “germanizzazione” di tutti i Paesi che fanno parte dell’euro, perciò chi non si adegua agli “standard” richiesti dai vertici della BCE rischia di essere emarginato dall’euro, oppure di retrocedere in una “categoria” inferiore.

Per continuare a restare nell’euro si esige la condicio sine qua non di soddisfare subito il pagamento degli interessi sul debito pubblico e ridurre progressivamente tale debito fino alla solvibilità dei singoli Paesi. In nome di questo “totem” vengono sacrificate le conquiste che in passato l’Europa ha ottenuto in termini di progresso civile, diritti, democrazia e stato sociale, e si scatena l’ennesima offensiva capitalistica contro gli interessi della classe operaia, colpendo e tartassando puntualmente le masse proletarie.

I sacrifici imposti al popolo italiano dall’emissario della BCE, Mario Monti, al solo scopo di assicurare il pagamento degli interessi sul debito pubblico al grande capitale finanziario, possono garantire al massimo un breve periodo di ripresa dei titoli italiani.

Oltre il 97% di questi titoli sono incettati dalle banche che esigono pagamenti immediati, pena il tanto temuto default: sono gli usurai dell’economia globale, i signori del denaro e dell’alta finanza, i padroni delle grandi banche mondiali, a cui la BCE e le banche italiane sono consociate. Ecco a  chi  vanno i soldi estorti ai proletari italiani ed europei.

In questo contesto storico ha un peso enorme una variabile che è un elemento imponderabile anche per il grande capitale, ossia il punto oltre il quale rischia di venir meno e di esaurirsi la rassegnazione dei proletari, rendendo imprevedibile ed ingovernabile il corso della crisi. Il tenore di vita del proletariato europeo sta precipitando verso livelli di paurosa indigenza: solo in Italia sono 18 milioni le famiglie che versano in condizioni di pauperismo, ma negli altri Paesi che si trovano in bilico tra il permanere nell’area dell’euro e il default, la situazione risulta addirittura peggiore.

Le dimensioni sociali della disoccupazione raggiungono ormai cifre inquietanti, mentre il precariato è diventato uno status permanente per milioni di giovani in tutta Europa. Per i proletari indigenti non ha alcuna importanza la risalita degli indici di borsa: essi misurano la loro esistenza su ciò di cui hanno bisogno e di cui non riescono a privarsi.

Una prossima dichiarazione di insufficienza della bilancia dei pagamenti, con il relativo varo di nuove manovre estorsive che impongano ulteriori sacrifici alle masse popolari, potrebbe non incontrare più quello spirito di rassegnazione che si richiede ai proletari.

La repressione potrebbe non essere sufficiente, ma la preoccupazione principale del potere è che cominci a rompersi la catena dell’obbedienza al comando capitalistico.

 Lucio Garofalo

4 risposte a “Uno spettro s’aggira in Europa: la rivolta dei proletari”

  1. ma guarda non resta che investiamo pure noi! invece di fare il mutuo della casa!!

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  2. a chiamare proletari questi operai imborghesiti e leghisti, senza coscienza di classe, che protestano contro il controibuto alle spese comunali per le loro case, ci vuole davvero una faccia tosta speciale; Marx si rivolta nella tomba.

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  3. Prodi, nel 1999, ci ha fatto aderire a forza al Trattato di Maastricht per entrare nell’eurozona, senza però avvisarci dei rischi legati al debito pubblico italiano già pesante allora. I governi seguenti, pur potendo risparmiare moltissimo godendo d’interessi sul debito pubblico pari a quelli tedeschi e di fiducia e credibilità nel sistema Italia, ritenuto in grado di mantenere un Pil elevato, non hanno tuttavia usato quei risparmi per ridurre il debito, né hanno predisposto quelle riforme strutturali in grado di farci crescere nonostante la concorrenza dei mercati globali. Progressivamente, negli ultimi dodici anni, l’Italia ha ridotto sempre più il suo Pil e aumentato il suo debito, è perciò del tutto ovvio che ora nessuno voglia più finanziarlo se non in cambio d’interessi molto elevati rispetto a quelli tedeschi. L’Italia aveva già fallito e i mercati ne hanno solo preso atto. La conseguenza principale è che ora l’Italia è ostaggio degli strozzini internazionali che tuttavia non hanno nessun interesse a farci fallire, se non prima di aver recuperato tutti i loro crediti. In alternativa (default) ci succhieranno tutto quanto è possibile succhiare prima di lasciarci al nostro destino. Né possiamo aspettarci aiuti dagli stati virtuosi dell’eurozona che, giustamente, non è come l’Italia dove poche regioni virtuose del nord mantengono tutte le altre. La Germania non ha nessun interesse a salvarci rivedendo il trattato di Maastricht e le attribuzioni della BCE. Non illudiamoci, lei ha vinto la sfida della globalizzazione e per lei non ha importanza se esporterà meno nei mercati sud europei quando le si aprono i mercati del mondo intero.

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