I «due marò»: quello che i media (e i politici) italiani non vi hanno detto


duemaro[Una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi è senz’altro quella dei “due Marò” accusati di duplice omicidio in India. Fin dall’inizio della trista vicenda, le destre politiche e mediatiche di questo Paese si sono adoperate a seminare frottole e irrigare il campo con la solita miscela di vittimismo nazionale, provincialismo arrogante e luoghi comuni razzisti.
Il giornalista Matteo Miavaldi è uno dei pochissimi che nei mesi scorsi hanno fatto informazione vera sulla storiaccia. Miavaldi vive in Bengala ed è caporedattore per l’India del sito China Files, specializzato in notizie dal continente asiatico. A ben vedere, non ha fatto nulla di sovrumano: ha seguito gli sviluppi del caso leggendo in parallelo i resoconti giornalistici italiani e indiani, verificando e approfondendo ogni volta che notava forti discrepanze, cioè sempre. C’è da chiedersi perché quasi nessun altro l’abbia fatto: in fondo, con Internet, non c’è nemmeno bisogno di vivere in India!
Verso Natale, la narrazione tossica ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe’, di colore…), ma erano e sono celebrate come… eroi nazionali. “Eroi” per aver fatto cosa, esattamente?
Insomma, abbiamo chiesto a Miavaldi di scrivere per Giap una sintesi ragionata e aggiornata dei suoi interventi. L’articolo che segue – corredato da numerosi link che permettono di risalire alle fonti utilizzate – è il più completo scritto sinora sull’argomento.
Ricordiamo che in calce a ogni post di Giap ci sono due link molto utili: uno apre l’impaginazione ottimizzata per la stampa, l’altro converte il post in formato ePub. Buona lettura, su carta o su qualunque dispositivo.
N.B. Cercate di commentare senza fornire appigli per querele. Se dovete parlar male di un politico, un giornalista, un militare, un presidente di qualcosa, fatelo con intelligenza, grazie.
P.S. Grazie a Christian Raimo per la sporcatura romanaccia, cfr. didascalia su casa pau.]

di Matteo Miavaldi

Il 22 dicembre scorso Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due marò arrestati in Kerala quasi 11 mesi fa per l’omicidio di due pescatori indiani, erano in volo verso Ciampino grazie ad un permesso speciale accordato dalle autorità indiane. L’aereo non era ancora atterrato su suolo italiano che già i motori della propaganda sciovinista nostrana giravano a pieno regime, in fibrillazione per il ritorno a casa dei «nostri ragazzi”, promossi in meno di un anno al grado di eroi della patria.
La vicenda dell’Enrica Lexie, la petroliera italiana sulla quale i due militari del battaglione San Marco erano in servizio anti-pirateria, ha calcato insistentemente le pagine dei giornali italiani e occupato saltuariamente i telegiornali nazionali.
E a seguirla da qui, in un villaggio a tre ore da Calcutta, la narrazione dell’incidente diplomatico tra Italia e India iniziato a metà febbraio è stata – andiamo di eufemismi – parziale e unilaterale, piegata a una ricostruzione dei fatti distante non solo dalla realtà ma, a tratti, anche dalla verosimiglianza.

In un articolo pubblicato l’11 novembre scorso su China Files ho ricostruito il caso Enrica Lexie sfatando una serie di fandonie che una parte consistente dell’opinione pubblica italiana reputa verità assolute, prove della malafede indiana e tasselli del complotto indiano. Riprendo da lì il sunto dei fatti.

E’ il 15 febbraio 2012 e la petroliera italiana Enrica Lexie viaggia al largo della costa del Kerala, India sud occidentale, in rotta verso l’Egitto. A bordo ci sono 34 persone, tra cui sei marò del Reggimento San Marco col compito di proteggere l’imbarcazione dagli assalti dei pirati, un rischio concreto lungo la rotta che passa per le acque della Somalia. Poco lontano, il peschereccio indiano St. Antony trasporta 11 persone.
Intorno alle 16:30 locali si verifica l’incidente: l’Enrica Lexie è convinta di essere sotto un attacco pirata, i marò sparano contro la St. Antony ed uccidono Ajesh Pinky (25 anni) e Selestian Valentine (45 anni), due membri dell’equipaggio.
La St. Antony riporta l’incidente alla guardia costiera del distretto di Kollam che subito contatta via radio l’Enrica Lexie, chiedendo se fosse stata coinvolta in un attacco pirata. Dall’Enrica Lexie confermano e viene chiesto loro di attraccare al porto di Kochi.
La Marina Italiana ordina ad Umberto Vitelli, capitano della Enrica Lexie, di non dirigersi verso il porto e di non far scendere a terra i militari italiani. Il capitano – che è un civile e risponde agli ordini dell’armatore, non dell’Esercito – asseconda invece le richieste delle autorità indiane.
La notte del 15 febbraio, sui corpi delle due vittime viene effettuata l’autopsia. Il 17 mattina vengono entrambi sepolti.
Il 19 febbraio Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono arrestati con l’accusa di omicidio. La Corte di Kollam dispone che i due militari siano tenuti in custodia presso una guesthouse della CISF (Central Industrial Security Force, il corpo di polizia indiano dedito alla protezione di infrastrutture industriali e potenziali obiettivi terroristici) invece che in un normale centro di detenzione.

Questi i fatti nudi e crudi. Da quel momento è partita una vergognosa campagna agiografica fascistoide, portata avanti in particolare da Il Giornale, quotidiano che, citando un’amica, «mi vergognerei di leggere anche se fossi di destra».
Che Il Giornale si sia lanciato in questa missione non stupisce, per almeno due motivi:

Ignazio La Russa

Ignazio La Russa

1) La fidelizzazione dei suoi (e)lettori passa obbligatoriamente per l’esaltazione acritica delle nostre – stavolta sì, nostre – forze armate, impegnate a «difendere la patria e rappresentare l’Italia nel mondo» anche quando, sotto contratto con armatori privati, prestano i loro servizi a difesa di interessi privati.
Anomalia, quest’ultima, per la quale dobbiamo ringraziare l’ex governo Berlusconi e in particolare l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, che nell’agosto 2011 ha legalizzato la presenza di militari a difesa di imbarcazioni private. In teoria la legge prevede l’uso dell’esercito o di milizie private, senonché le regole di ingaggio di queste ultime sono ancora da ultimare, lasciando il monopolio all’Esercito italiano. Ma questa è – parzialmente – un’altra storia.

2) Il secondo motivo ha a che fare col governo Monti, per il quale il caso dei due marò ha rappresentato il primo grosso banco di prova davanti alla comunità internazionale, escludendo la missione impossibile di cancellare il ricordo dell’abbronzatura di Obama, della culona inchiavabile, letto di Putin, della nipote di Mubarak, dell’harem libico nel centro di Roma e tutto il resto del repertorio degli ultimi 20 anni.
Troppo presto per togliere l’appoggio a Monti per questioni interne, da marzo in poi Latorre e Girone sono stati l’occasione provvidenziale per attaccare l’esecutivo dei tecnici, mantenendo vivo il rapporto con un elettorato che tra poco sarà di nuovo chiamato alle urne. E’ il tritacarne elettorale preannunciato da Emanuele Giordana al quale i due marò, dopo la visita ufficiale al Quirinale del 22 dicembre, sono riusciti a sottrarsi chiudendosi letteralmente nelle loro case fino al 10 gennaio quando, secondo i patti, torneranno in Kerala in attesa del giudizio della Corte Suprema di Delhi.

Margherita Boniver

Margherita Boniver

Qualche esempio di strumentalizzazione?

Margherita Boniver, senatrice Pdl, il 19 dicembre riesce finalmente a fare notizia offrendosi come ostaggio per permettere a Latorre e Girone di tornare in Italia per Natale.

Ignazio La Russa, Pdl, il 21 dicembre annuncia di voler candidare i due marò nelle liste del suo nuovo partito Fratelli d’Italia (sic!).
L’escamotage, che serve a blindare i due militari entro i confini italiani, è rimandato al mittente dagli stessi Latorre e Girone, irremovibili nel mantenere la parola data alle autorità indiane.

LA QUERELLE SULLA POSIZIONE DELLA NAVE E UNA CURIOSA “CONTROPERIZIA”

La prima tesi portata avanti maldestramente dalla diplomazia italiana, puntellata dagli organi d’informazione, sosteneva che l’Enrica Lexie si trovasse in acque internazionali e, di conseguenza, la giurisdizione dovesse essere italiana. Ma le cose pare siano andate diversamente.
Il governo italiano ha sostenuto che l’Enrica Lexie si trovasse a 33 miglia nautiche dalla costa del Kerala, ovvero in acque internazionali, il che avrebbe dato diritto ai due marò ad un processo in Italia. La tesi è stata sviluppata basandosi sulle dichiarazioni dei marò e su non meglio specificate «rilevazioni satellitari”.
Secondo l’accusa indiana l’incidente si era invece verificato entro il limite delle acque nazionali: Girone e Latorre dovevano essere processati in India.

Nonostante la confusione causata dal campanilismo della stampa indiana ed italiana, la posizione della Enrica Lexie non è più un mistero ed è ufficialmente da considerare valida la perizia indiana.
La squadra d’investigazione speciale che si è occupata del caso lo scorso 18 maggio ha depositato presso il tribunale di Kollam l’elenco dei dati a sostegno dell’accusa di omicidio, citando i risultati dell’esame balistico e la posizione della petroliera italiana durante la sparatoria.
Secondo i dati recuperati dal GPS della petroliera italiana e le immagini satellitari raccolte dal Maritime Rescue Center di Mumbai, l’Enrica Lexie si trovava a 20,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, nella cosiddetta «zona contigua».
Il diritto marittimo internazionale considera «zona contigua» il tratto di mare che si estende fino alle 24 miglia nautiche dalla costa, entro le quali è diritto di uno Stato far valere la propria giurisdizione.

I fasci giocherellano con l'idea di essere in guerra con l'India. Poi toccherà alla Kamchatka.

Sti fasci de casa pau giocano a ffà ‘a guera coll’india. Più tardi aggredischeno la Kamciacca. – Seh, poi finisce che se fanno ‘e tre de notte e domattina so’ cazzi, svejasse pe’ andà a scola! Tipo che a forza de ffà sega, qui ce tocca ripete’ a prima media… – Pure quest’anno?!

A contrastare la versione ufficiale delle autorità indiane – che, ricordiamo, è stata accettata anche dai legali dei due marò e sarà la base sulla quale la Corte suprema indiana si pronuncerà – è apparsa in rete la ricca controperizia dell’ingegner Luigi di Stefano, già perito di parte civile per l’incidente di Ustica.
Di Stefano presenta una serie di dati ed analisi tecniche a supporto dell’innocenza dei due marò. Chi scrive non è esperto di balistica né perito legale – non è il mio mestiere – e davanti alla mole di dati sciorinati da Di Stefano rimane abbastanza impassibile. Tuttavia, è importante precisare che Di Stefano basa gran parte della sua controperizia su una porzione minima dei dati, quelli cioè divulgati alla stampa a poche settimane dall’incidente. Dati che, sappiamo ora, sono stati totalmente sbugiardati dalle rilevazioni satellitari del Maritime Rescue Center di Mumbai e dall’esame balistico effettuato dai periti indiani.
Nella perizia troviamo stralci di interviste tratti dal settimanale Oggi, fotogrammi ripresi da Youtube, fermi immagine di documenti mandati in onda da Tg1 e Tg2 (sui quali Di Stefano costruisce la sua teoria della falsificazione dei dati da parte della Marina indiana), altre foto estrapolate da un video della Bbc e una serie di complicatissimi calcoli vettoriali e simulazioni 3d.
Non si menziona mai, in tutta la perizia, nessuna fonte ufficiale dei tecnici indianiche, come abbiamo visto, hanno depositato in tribunale l’esito delle loro indagini il 18 maggio. Di Stefano aveva addirittura presentato il suo lavoro durante un convegno alla Camera dei deputati il 16 aprile, un mese prima che fossero disponibili i risultati delle perizie indiane!
In quell’occasione i Radicali hanno avanzato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri Terzi, chiedendo sostanzialmente: «Ma se abbiamo mandato i nostri tecnici in India e loro non hanno detto nulla, perché dobbiamo stare a sentire Di Stefano?»
Il lavoro di Di Stefano, in definitiva, è viziato sin dal principio dall’analisi di dati clamorosamente incompleti, costruito su dichiarazioni inattendibili e animato dal buon vecchio sentimento di superiorità occidentale nei confronti del cosiddetto Terzo mondo.
Se qualcuno ancora oggi ritiene che una simile perizia artigianale sia più attendibile di quella ufficiale indiana, cercare di spiegare perché non lo è potrebbe essere un inutile dispendio di energie.

UNGHIE SUI VETRI: «NON SONO STATI LORO A SPARARE!» 

Altra tesi particolarmente in voga: non sono stati i marò a sparare, c’era un’altra nave di pirati nelle vicinanze, sono stati loro.

Nel rapporto consegnato in un primo momento dai membri dell’equipaggio dell’Enrica Lexie alle autorità indiane e italiane (entrambi i Paesi hanno aperto un’inchiesta) si specifica che Latorre e Girone hanno sparato tre raffiche in acqua, come da protocollo, man mano che l’imbarcazione sospetta si avvicinava all’Enrica Lexie. Gli indiani sostengono invece che i colpi erano stati esplosi con l’intenzione di uccidere, come si vede dai 16 fori di proiettile sulla St. Antony.

Il 28 febbraio il governo italiano chiede che al momento dell’analisi delle armi da fuoco siano presenti anche degli esperti italiani. La Corte di Kollam respinge la richiesta, accordando però che un team di italiani possa presenziare agli esami balistici condotti da tecnici indiani.
Gli esami confermano che a sparare contro la St. Antony furono due fucili Beretta in dotazione ai marò, fatto supportato anche dalle dichiarazioni degli altri militari italiani e dei membri dell’equipaggio a bordo sia dell’Enrica Lexie che della St. Antony.
Staffan De Mistura, sottosegretario agli Esteri italiano, il 18 maggio ha dichiarato alla stampa indiana: «La morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I nostri marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo».
I più cocciuti, pur davanti all’ammissione di colpa di De Mistura, citano ora il mistero della Olympic Flair, una nave mercantile greca attaccata dai pirati il 15 febbraio, sempre al largo delle coste del Kerala. La notizia, curiosamente, è stata pubblicata esclusivamente dalla stampa italiana, citando un comunicato della Camera di commercio internazionale inviato alla Marina militare italiana. Il 21 febbraio la Marina mercantile greca ha categoricamente escluso qualsiasi attacco subito dalla Olympic Flair.

A questo punto possiamo tranquillamente sostenere che:
1) l’Enrica Lexie non si trovava in acque internazionali;
2) i due marò hanno sparato
.
Sono due fatti supportati da prove consistenti e accettati anche dalla difesa italiana, che ora attende la sentenza della Corte suprema circa la giurisdizione.

Secondo la legge italiana ed i suoi protocolli extraterritoriali, in accordo con le risoluzioni dell’Onu che regolano la lotta alla pirateria internazionale, i marò a bordo della Enrica Lexie devono essere considerati personale militare in servizio su territorio italiano (la petroliera batteva bandiera italiana) e dovrebbero godere quindi dell’immunità giurisdizionale nei confronti di altri Stati.
La legge indiana dice invece che qualsiasi crimine commesso contro un cittadino indiano su una nave indiana – come la St. Antony – deve essere giudicato in territorio indiano, anche qualora gli accusati si fossero trovati in acque internazionali.
A livello internazionale vige la Convention for the Suppression of Unlawful Acts Against the Safety of Maritime Navigation (SUA Convention), adottata dall’International Maritime Organization (Imo) nel 1988, che a seconda delle interpretazioni, indicano gli esperti, potrebbe dare ragione sia all’Italia sia all’India.
La sentenza della Corte Suprema di New Delhi, prevista per l’8 novembre ma rimandata nuovamente a data da destinarsi, dovrebbe appunto regolare questa ambiguità, segnando un precedente legale per tutti i casi analoghi che dovessero verificarsi in futuro.
Il caso dei due marò, che dal mese di giugno sono in regime di libertà condizionata e non possono lasciare il Paese prima della sentenza, sarà una pietra miliare del diritto marittimo internazionale.

IMPRECISIONI, DIMENTICANZE, SAGRESTIE E ROMBI DI MOTORI

In oltre 10 mesi di copertura mediatica, la cronaca a macchie di leopardo di gran parte della stampa nazionale ha omesso dettagli significativi sul regime di detenzione dei marò, si è persa per strada alcuni passaggi della diplomazia italiana in India e ha glissato su una serie di comportamenti “al limite della legalità” che hanno contraddistinto gli sforzi ufficiali per «riportare a casa i nostri marò». In un altro articolo pubblicato su China Files il 7 novembre, avevo collezionato le mancanze più eclatanti. Riprendo qui quell’esposizione.

Descritti come «prigionieri di guerra in terra straniera» o militari italiani «dietro le sbarre», Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in realtà non hanno speso un solo giorno nelle famigerate carceri indiane.
I due militari del Reggimento San Marco, in libertà condizionata dal mese di giugno, come scrive Paolo Cagnan su L’Espresso, in India sono trattati col massimo riguardo e, in oltre otto mesi, non hanno passato un solo giorno nelle famigerate celle indiane, alloggiando sempre in guesthouse o hotel di lusso con tanto di tv satellitare e cibo italiano in tavola. Tecnicamente, «dietro le sbarre» non ci sono stati mai.
Un trattamento di lusso accordato fin dall’inizio dalle autorità indiane che, comericordava Carola Lorea su China Files il 23 febbraio, si sono assicurate che il soggiorno dei marò fosse il meno doloroso possibile:

'a pizza«I due marò del Battaglione San Marco sospettati di aver erroneamente sparato a due pescatori disarmati al largo delle coste del Kerala, sono alloggiati presso il confortevole CISF Guest House di Cochin per meglio godere delle bellezze cittadine.
Secondo l’intervista rilasciata da un alto funzionario della polizia indiana al Times of India, i due sfortunati membri della marina militare italiana sarebbero trattati con grande rispetto e con tutti gli onori di casa, seppure accusati di omicidio.
La diplomazia italiana avrebbe infatti fornito alla polizia locale una lista di pietanze italiane da recapitare all’hotel per il periodo di fermo: pizza, pane, cappuccino e succhi di frutta fanno parte del menu finanziato dalla polizia regionale. Il danno e la beffa.»

Intanto, l’Italia cercava in ogni modo di evitare la sentenza dei giudici indiani, ricorrendo anche all’intercessione della Chiesa. Alcune iniziative discutibili portate avanti dalla diplomazia italiana, o da chi ne ha fatto tristemente le veci, hanno innervosito molto l’opinione pubblica indiana. Due di queste sono direttamente imputabili alle istituzioni italiane.

In primis, aver coinvolto il prelato cattolico locale nella mediazione con le famiglie delle due vittime, entrambe di fede cattolica. Il sottosegretario agli Esteri De Mistura si è più volte consultato con cardinali ed arcivescovi della Chiesa cattolica siro-malabarese, nel tentativo di aprire anche un canale “spirituale” con i parenti di Ajesh Pinky e Selestian Valentine, i due pescatori morti il pomeriggio del 15 febbraio.
L’ingerenza della Chiesa di Roma non è stata apprezzata dalla comunità locale che, secondo il quotidiano Tehelka, ha accusato i ministri della fede di «immischiarsi in un caso penale», convincendoli a dismettere il loro ruolo di mediatori.

Il 24 aprile, inoltre, il governo italiano e i legali dei parenti delle vittime hanno raggiunto un accordo economico extra-giudiziario. O meglio, secondo il ministro della Difesa Di Paola si è trattato di «una donazione», di «un atto di generosità slegato dal processo».
Alle due famiglie, col consenso dell’Alta Corte del Kerala, vanno 10 milioni di rupie ciascuna, in totale quasi 300mila euro. Dopo la firma, entrambe le famiglie hannoritirato la propria denuncia contro Latorre e Girone, lasciando solo lo Stato del Kerala dalla parte dell’accusa.
Raccontata dalla stampa italiana come un’azione caritatevole, la transazione economica è stata interpretata in India non solo come un’implicita ammissione di colpa, ma come un tentativo, nemmeno troppo velato, di comprarsi il silenzio delle famiglie dei pescatori.
Tanto che il 30 aprile la Corte Suprema di Delhi ha criticato la scelta del tribunale del Kerala di avallare un simile accordo tra le parti, dichiarando che la vicenda «va contro il sistema legale indiano, è inammissibile.»

Immagine tratta da "Libero"

Immagine tratta dal sito di Libero. Il giornale ha toni incazzati, ma i lettori sembrano di buon umore.

Ma il vero capolavoro di sciovinismo è arrivato lo scorso mese di ottobre durante il Gran Premio di Formula 1 in India. In un’inedita liaison governo-Il Giornale-Ferrari, in poco più di una settimana l’Italia è riuscita a far tornare in prima pagina il non-caso dei marò che in India, dopo 8 mesi dall’incidente, era stato ampiamente relegato nel dimenticatoio mediatico.
Rispondendo all’appello de Il Giornale ed alle «migliaia di lettere» che i lettori hanno inviato alla redazione del direttore Sallusti, la Ferrari ha accettato di correre il gran premio indiano di Greater Noida mostrando in bella vista sulle monoposto la bandiera della Marina Militare Italiana. Il primo comunicato ufficiale di Maranello recitava:

«[…] La Ferrari vuole così rendere omaggio a una delle migliori eccellenze del nostro Paese auspicando anche che le autorità indiane e italiane trovino presto una soluzione per la vicenda che vede coinvolti i due militari della Marina Italiana.»

La replica seccata del Ministero degli Esteri indiano non si fa attendere: «Utilizzare eventi sportivi per promuovere cause che non sono di quella natura significa non essere coerenti con lo spirito sportivo

Pur avendo incassato il plauso del ministro degli Esteri Terzi, che su Twitter ha gioito dell’iniziativa che «testimonia il sostegno di tutto il Paese ai nostri marò», la Scuderia Ferrari opta per un secondo comunicato. Sfidando ogni logica e l’intelligenza di italiani ed indiani, l’ufficio stampa della casa automobilistica specifica che esporre la bandiera della Marina «non ha e non vuole avere alcuna valenza politica

In mezzo al tira e molla di una strategia diplomatica improvvisata, così impegnata a non scontentare l’Italia più sciovinista al punto da appoggiare la pessima operazione d’immagine del duo Maranello-Il Giornale, accolta in India dapolemiche ampiamente giustificabili, il racconto dei marò – precedentemente «dietro le sbarre» –  è continuato imperterrito con toni a metà tra un romanzo di Dickens e una sagra di paese.
Il Giornale, ad esempio, esaltando la vittoria morale dell’endorsement Ferrari, confida ai propri lettori che

Friselle«i famigliari di Massimiliano Latorre, tutti con una piccola coccarda di colore giallo e il simbolo della Marina Militare al centro appuntata sugli abiti, hanno pensato di portare a Massimiliano e a Salvatore alcuni tipici prodotti locali della Puglia: dalle focacce ai dolci d’Altamura per proseguire poi con le orecchiette, le friselle di grano duro

L’operazione, qui in India, ha raggiunto esclusivamente un obiettivo: far inviperire ancora di più le schiere di fanatici nazionalisti indiani sparse in tutto il Paese.
Ma è lecito pensare che la mossa mediatica, ancora una volta, non sia stata messa a punto per il bene di Latorre e Girone, bensì per strizzare l’occhiolino a quell’Italia abbruttita dalla provincialità imposta dai propri politici di riferimento, maltrattata da un’informazione colpevolmente parziale che da tempo ha smesso di “informare” preferendo istruire, depistare, ammansire e rintuzzare gli istinti peggiori di una popolazione alla quale si rifiuta di dare gli strumenti e i dati per provare a capire e pensare con la propria testa.

PARLARE A CHI SI TAPPA LE ORECCHIE

In questi mesi, quando provavamo a raccontare la storia dei marò facendo due passi indietro e includendo doverosamente anche le fonti indiane, ci sono piovuti addosso decine di insulti. Quando citavamo fonti dai giornali indiani, ci accusavano di essere «come un fogliaccio del Kerala»; quando abbiamo provato a spiegare il problema della giurisdizione, ci hanno risposto «L’India è un paese di pezzenti appena meno pezzenti di prima che cerca di accreditarsi come potenza, ma sempre pezzenti restano. E un pezzente con soldi diventa arrogante. Da nuclearizzare!»; quando abbiamo cercato di smentire le falsità pubblicate in Italia (come la memorabile bufala di Latorre che salva un fotografo fermando una macchina con le mani e si guadagna le copertine indiane come “Eroe”) ci hanno dato degli anti-italiani, augurandoci di andare a vivere in India e vedere se là stavamo meglio. Ignorando il fatto che, a differenza di molti, noi in India ci abitiamo davvero.

I beduini del Kerala

I beduini del Kerala… Fottuti bastardi…

Quando tutta questa vicenda verrà archiviata e i marò saranno sottoposti a un giusto processo – in Italia o in India, speriamo che sia giusto – sarà bene ricordarci come non fare del cattivo giornalismo, come non condurre un confronto diplomatico con una potenza mondiale e, soprattutto, come non strumentalizzare le nostre forze armate per fini politici. Una cosa della quale, anche se fossi di destra, mi sarei vergognato.

FONTE http://www.wumingfoundation.com/giap/

Leggi anche “5 ragioni per un impeachment” https://ilmalpaese.wordpress.com/2014/02/09/5-ragioni-per-un-impeachment/

31 risposte a “I «due marò»: quello che i media (e i politici) italiani non vi hanno detto”

  1. tutto questo poema per farci digerire che i Maro’ sono colpevoli e voi che scrivete vi scialate dalle risate?

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    1. Cara Mery, o sei ignorante o non vuoi capire quanto e’ importante che le notizie siano date corrette e non strumentalizzate. I VERI giornalisti fanno cosi’.

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      1. i “veri” giornalisti???? e quali sarebbero? questo? perchè non ci dice cosa pescavano i pescatori sotto la “enrica lexie? perchè nessuno si chiede come mai il peschereccio non si è fermato alle segnalazioni di alt della nave che stavano incrociando?

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    2. scusate… se uno spara e uccide due persone innocenti per errore, sarà omicidio colposo ma sempre omicidio. Non si deve dire?

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      1. cara dibartolo, se uno è mandato in missione a difendere le navi da carico dai pirati (perchè nella democratica, evolutissima india ci sono ancora i pirati, come ai tempi di jack sparrow, e non solo!!ci sono pure le caste e il diritto degli uomini di massacrare le donne!!!ma secondo la sinistra di merda, sono moooolto più evoluti di noi poveri italiani mangiaspaspaghetti…)tornando a bomba, se uno è mandato in missione a difendere le navi da carico dai pirati, quando una imbarcazione si avvicina alla nave che sta difendendo,( e non si ferma alle segnalazioni di alt), ha il dovere di sparare. sempre che a sparare siano stati i due fucilieri,perchè la prima perizia sui corpi dei “pescatori” (che andavano a staccare le cozze sotto la chiglia dell’enrica lexie, evidentemente, sennò non si spiega come mai si avvicinassero per abbordarla ) la prima perizia, dicevo, parlava di proiettili calibro 7,20 che sono i proiettili in uso sulle “arrow boats” le imbarcazioni dello sri lanka , utilizzate appositamente per ammazzare i pirati (nel 2012 ne hanno fatti fuori parecchi) quindi prima di parlare a sproposito,informati.

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  2. Si sbaglia, non c’è nulla da ridere, ci troviamo davanti ad una tragedia. Due persone hanno perso la vita (Ajesh Pinky e Selestian Valentine) e altre due rischiano il carcere. Proprio per questo motivo è necessario cercare di dire tutta la verità, è inaccettabile recitare il solito copione scritto dai soliti media. Ci sono altri punti di vista ed è giusto riportarli, saranno solo le autorità giudiziarie a ristabilire la verità (almeno quella giudiziaria)

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    1. ajesh pinky e selestian valentine, se non erano pirati si sono comportati in modo da somigliargli tantissimo, dato che si sono avvicinati alla nave da carico (per “pescare”?cosa?le cozze sotto la chiglia?) e non si sono fermati alle segnalazioni di alt. il comandante del “peschereccio” in merito a questo fatto ha detto che il “peschereccio” non si è fermato, perchè l’intero equipaggio stava “dormendo”….

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  3. ancora una volta l’italia è lo zimbello del mondo!

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  4. grazie per questo articolo
    anche io leggo dei giornali stranieri (non indiani però) e le informazioni che ho avuto non erano quelle date dai giornali italiani

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  5. Che su una questione così delicata come quella giurisdizionale (confini e distanze)decida l’India E’ UN SOPRUSO : A DECIDERE DEVE ESSERE UN TRIBUNALE SUPER PARTES .
    Poi non penso proprio che INTENZIONALMENTE due militari sparino facendo “tiro al piccione” si è trattato sicuramente di un incidente : COME MAI UN PESCHERECCIO SI AVVICINA E NON RISPONDE AGLI AVVERTIMENTI SAPENDO BENISSIMO, VISTA LA PIRATERIA DI QUELLE ZONE,CHE LO FA A PROPRIO RISCHIO?
    Mi sa che i due militari sono stati MAL DIFESI E MAL CONSIGLIATI .
    Nave Italiana = territorio italiano nessuno SALE E NESSUNO SCENDE altro che consegnarsi alle autorità del luogo!
    Il “vulnus” sta negli accordi “pelosi” (periodo Berlusconi) tra armatori e Marina Militare .

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  6. Lei scrive:
    “Il diritto marittimo internazionale considera «zona contigua» il tratto di mare che si estende fino alle 24 miglia nautiche dalla costa, entro le quali è diritto di uno Stato far valere la propria giurisdizione.”

    Questo è completamente falso. Dopo delle approfondite analisi (20 secondi per la ricerca su google) le copio la parte di legislazione che mi pare abbastanza chiara:

    “ZONA CONTIGUA
    È la zona adiacente alle acque territoriali (v.) in cui uno stato può esercitare i controlli necessari a prevenire e reprimere le violazioni alle leggi di polizia doganale, fiscale, sanitaria o d’immigrazione vigenti sul suo territorio o nelle sue acque territoriali
    (GINEVRA,I,24,1.;UNCLOS 33,1).”

    Legga la legislazione, la zona contigua è una zona in cui lo stato può esercitare alcune attività di controllo su ben precisi reati tra cui non mi pare (e non pare neanche a molti giuristi) rientrino quelli del caso specifico.

    Inoltre nel suo articolo dà per assodato che le due imbarcazioni fossero vicine e cita, come fonte di una supposta “perizia balistica” un articolo in cui tale perizia non viene mai neanche citata, confonde perizie con capi di imputazione in un turbine di imprecisioni veramente imbarazzante.

    Insomma, questo articolo che critica la cattiva stampa italiana è il classico esempio di bue che dice cornuto all’asino (e con questo non voglio dire che i giornalisti italiani facciano un buon lavoro, intendo dire che questo articolo è veramente pessimo).

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    1. Ti sbagli Paolo,tu fai riferimento alla definizione di Zona Contigua secondo la Convenzione di Ginevra, del 1958,che è stata sostituita nel 1994 dalla Convenzione di Montego Bay che definisce la Zona Contigua in questo modo :Nel diritto del mare, è la zona adiacente il mare territoriale, nella quale lo Stato costiero esercita poteri di controllo anche sulle navi straniere, al fine di prevenire o reprimere infrazioni alla sua legislazione nazionale.
      L’estensione della zona contigua è stabilita in 12 miglia nautiche, misurate a partire dal limite esterno del mare territoriale.

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  7. Di politicanti opportunisti, di giornalai (le mie scuse ai giornalai veri!) o di quanti hanno sparlato e che siano intervenuti in questa triste storia non faccio commenti, rischierei anch’io quanto, se non più, dei due marò. Non do giudizi sui due marò, questo lo farà la giustizia, in modo giusto e coretto mi auguro. Ci sono due presunti colpevoli e due morti certi i questa storia ed è giusto oltre che doveroso fare chiarezza e che chi ha sbagliato paghi ma…. ma non posso concepire ne accettare che due esseri umani, seppure colpevoli, possano essere condannati a morte. Che sia fatta giusta giustizia, ma al più presto!!!!

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  8. Si ma questi signori in panciolle sono giornalisti o venditori di fumo????? Quali prove hanno per dire quello che dicono????? sono sempre quelli che inneggiavano a dittatori sanguinari (vedasi Castro) o a guerriglieri che combattevano una guerra tutta loro contro inermi ciottadini che non la pensavano come loro??? Mah!!!!! certo che di cazzari in giro ce ne sono molti …….

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  9. Interessante; il link “la posizione della petroliera italiana durante la sparatoria.” non funziona.

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  10. E’ veramente ripugnante ciò che certi pennivendoli sedicenti giornalisti possano scrivere.
    Parassiti dell’informazione e della società, il tempo sprecato a scrivere questo vomito sarebbe molto più utile se impiegato a coltivare la terra.
    Ma è molto più facile rubar da vivere in questo modo, lavorare stanca.

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  11. Cosa scommettiamo che l’abusivo presidente della republica Giorgio Napolitano nel prossimo discorso di fine anno onrerà anche i delinquenti giudici, avvocati e carabinieri autori del rapimento di mio figlio?! Lo stato delinquente italiano non solo non tutela i suoi connazzionali, ma li vende organizzando dei rapimenti di bambini facendoli sparire dall’Italia! Ri cordati Giorgio Napolitano che io conservo ancora le tue risposte alle mie richieste di intervenire al riguardo del rapimento di mio figlio di quando eri ministro dell’interno ed anche quelle da presidente della republica…, e non solo!!!

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  12. percarità questione sacrosanta,tantopiù se parliamo di soliti abusi di potere da parte di chi ha le armi,ma agli “yankee” che punutalmente fanno esplodere pulman scolastici,palazzine,e bombardano piazze di civili, nessuno dice niente?

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  13. Un peschereccio intento a pescare viaggia a TRE nodi (circa 6 km/h)
    Un peschereccio a tutta forza e consumando un fottio di nafta può arrivare anche ai 15 nodi (dipende dalla sua lunghezza).

    Una barca planante con motori adeguati e mare calmo può raggiungere facilmente i 15 nodi.
    Una petroliera ha una velocità di crociera di 13 nodi.

    Il comandante in seconda della nostra nave racconta che la barca che si è avvicinata a meno di cento metri dalla nave era una barchetta planante e non un pescereccio.

    I militari hanno sparato coi fucili a qualcosa a meno di cento metri.

    Qualcuno sa spiegare come mai un peschereccio o una barca planante raggiungano una petroliera spingendo i motori al massimo e non si allontanano neanche dopo i messaggi radio e le segnalazioni ottiche?

    Volevano fare ciao ciao con la manina?

    Se i nostri marò hanno sparato HANNO FATTO BENE perché solo i pirati si comportano così.
    Punto.

    Il resto sono chiacchiere da salotto radical chic, con la r moscia, ovviamente.

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    1. bravissimo: chiaro secco e preciso: cosa andavano a pescare sotto all’enrica lexie, visto che era lì che erano diretti?
      in compenso il rimbambito autore dell’articolo che racconta “la verità che ci tacciono”, ha fatto un articolo fiume dove, come è classico dei “vadical chic” mescolare di tutto un pò tanto da non far capire niente.
      comunisti falliti e miserabili, manderei loro in kerala, ad assaggiare la “democrazia indiana”

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  14. Trovo l’articolo interessante anche se pregno di pensiero di sinistra.
    Ciò che noto dalle descrizioni affrontate (a parte l’errore di valutazione già sottolineato efficacemente da Paolo più sopra), è la descrizione della maestosa serietà e autorevolezza della nazione India ostentatamente descritta come ortodossa e ligia, nonché fortemente nazionalista e impositiva, contro un’Italia invece facilona, senza dignità, quasi senza alcun diritto ma per la quale sono importanti solo le cibarie, quasi fossimo un agriturismo ambulante. I Marò non hanno visto un giorno di carcere. Va bene. Ma sono pur sempre lontani da casa e dalle loro famiglie in un paese che li odia, oppure, per voi, il fatto che abbiano il cappuccino e la pizza è motivo sufficiente perché debbano star bene per forza?
    Quando citate il Giornale in cui parla dei prodotti tipici della Puglia, io vedo in questo un forte senso di umanità ed appartenenza, legato al rispetto per la nostra cultura.
    Inoltre il mostrare il simbolo della marina militare è ciò che resta di un minimo di orgoglio nazionale (familiari di Massimiliano e Ferrari durante il gran premio). Ma siccome questo ha scatenato gli animi nazionalisti Indiani (loro lo spirito nazionalistico possono averlo!), cosa dovremmo fare fare? Strisciare a terra col viso in atto di penitenza?
    Calpestare ancora e ancora ciò che resta del ricordo della nazione Italia che sempre più si sta dissolvendo in un lontano ricordo?
    Sono abbastanza stanca di veder descritta un’Italia come pecoreccia ed ignorante che si arrabatta per risolvere le questioni a maniera propria dinnanzi a qualsiasi altro paese (e ribadisco QUALSIASI) che invece (nascondendo meglio le proprie magagne) vien descritto come perfetto esempio di lealtà e perfezione comportamentale di politica estera.
    Perché loro sanno cos’è coerenza! Noi no!
    E finiamola!

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  15. Chissà perché ma resto dall’idea che è stato un abuso dell’ india… il capitano risponde all’armatore e fa scendere i due Marò perché l’armatore non vuole inimicarsi i clienti indiani…. ma i due marò erano su quella nave per difendere gli interessi dell’armatore… il punto è uno solo…. i militari devono difendere la patria non interessi privati… il governo deve riportarli a casa e l’armatore non aveva nessun diritto di decidere della vita e del futuro di due persone non alle sue dipendenze.

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  16. Qualcuno provi ad immaginare cosa sarebbe successo se i due pescatori fossero stati italiani uccisi da due indiani, magari di pelle scura e con il turbante in testa! le avremo riservato lo stesso trattamento in hotel a 5 stelle?

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    1. …è da quando ho cominciato a leggere l’articolo che penso a questa inversione di ruoli: avremo preso in mano forconi e falci ed avremo manifestato davanti alle carceri, alla stregua di “presa della bastiglia” in pieno stile rivoluzionario francese.

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  17. Caro Mario,con i politicanti che ci ritroviamo sicuramente avrebbero formato un partito,possibile che sarebbero diventati ministri,per quel che riguarda i miei AMICI Max e Salvo che conosco da 20 anni,conoscendo la loro professionalità,dubito fortemente di ogni accusa formalizzata se hanno avuto un ingaggio è perché motivati,per il loro soggiorno in India,non so se hanno cornetto con cappuccino ma è certo che da che sono lì,le loro famiglie non percepiscono gli stipendi da 22 mesi.

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  18. solo due domandine facili facili: cosa pescavano i poveri pescatorucci indiani sottobordo ad una nave da carico? perchè il “peschereccio” saint anthony è stato distrutto poco dopo l’incidente ?
    ..e anche altre due,visto che ci siamo, l’enrica lexie ha segnalato l’alt al peschereccio che si avvicinava ma il “peschereccio” con i “pescatori” non si è fermato. il capitano del “peschereccio” ha giustificato il fatto dicendo che sul natante dormivano tutti. domanda:è possibile che su una imbarcazione che transita in un braccio di mare infestato dai pirati tutto l’equipaggio si schiacci un pisolino? tanto da non avvertire le segnalazioni di alt di un’altra nave?

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  19. Vale la pena ricordare che l’autore dell’autopsia sui cadaveri dei due pescatori, il professor Sasikala, confermò il 16 febbraio di aver trovato i resti di proiettili calibro 7,62 non in uso ai militari italiani imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie. Il calibro venne poi “corretto” nella perizio balistica attribuendo i morti ad armi da 5,56 millimetri compatibili con i fucili Beretta Sc 70/90 dei fucilieri e contemporaneamente il professor Sasikala non venne più autorizzato a rilasciare dichiarazioni ai media.
    di Gianandrea Gaiani – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/v1cDW

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  20. se le cose stanno come dice l’autore dell’articolo, come mai gli indiani continuano a rinviare, prendere tempo, contraddirsi e non accettano un tribunale internazionale??

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