Ragionare non è lo sport nazionale. Evidentemente.
Non siamo tedeschi, noi. Non siamo tedeschi da usare “konsequent” come motto (“consistent” in inglese, “coerente” in italiano. Ma di una coerenza “consequenziale). Noi siamo piuttosto gente da sentimenti, da emozioni. Specie nel portafoglio.
Ma proviamo comunque: un semplice ragionamento.
Parliamo di IMU.
Tema abusato e per questo, nella marea di chiacchiere, baggianate e slogan, abbastanza detestabile. Ma anche tema-chiave per comprendere alcuni elementi di politica e di economia politica, prospettiva per inquadrare l’intero discorso della struttura statale e delle sue riforme.
“Abolire l’IMU“, si dice.
Lasciamo momentaneamente da parte i mille modi in cui l’IMU potrebbe essere riformata (dall’abolizione, alla proposta PD); lasciamo anche da parte le giustissime considerazioni di chi dice che l’IMU non è il tema giusto e piuttosto la riforma fiscale dovrebbe focalizzarsi sulle imposte sul lavoro.
Pensiamo per un attimo che abolire o modificare l’IMU sia davvero il tema centrale, davvero la soluzione.
Ma cos’è l’IMU? Se come diceva il buon Nanni Moretti “le parole sono importanti“, se come diceva Confucio bisogna “fare ordine con i nomi delle cose“, allora dobbiamo intenderci sull’oggetto del discorso.
I.M.U. Imposta Municipale Propria, ovvero l’imposta che -in sostituzione della vecchia ICI (Imposta Comunale sugli Immobili)- dovrebbe costituire la primaria fonte di gettito dei comuni.
Gli enti locali per eccellenza.
Non solo locali, ma anche i più prossimi ai cittadini, quelle amministrazioni pubbliche che in base al principio di sussidiarietà dovrebbero fornire in primo luogo i servizi ai cittadini stessi.
Prendo a prestito le semplici ma efficaci parole del Sen. emerito Marco Stradiotto (PD) -usate anche in una puntata di Report– per esprimere un concetto essenziale: “pago, vedo, voto“.
Cito direttamente lo status facebook del Senatore Stradiotto: “L’autonomia finanziaria degli enti locali ed in particolare dei comuni è una cosa seria ed importante. Togliete pure l’IMU, togliete la TARES, fate pure quello che volete ma il tema resta aperto. Qualcuno dovrà rispondere a questa domanda: Chi pagherà i servizi comunali? Io credo che per equità e giustizia non debbano essere pagati dall’addizionale IRPEF (che per l’85% è pagata da pensionati e lavoratori dipendenti).“
Delle due l’una: o si crede ad un decentramento fiscale ed amministrativo serio, ad un trasferimento di servizi agli enti locali più prossimi ai cittadini con autonomia di entrata e di spesa (quello che viene volgarmente ed erroneamente chiamato “federalismo” – sic) ; o si fa propaganda sull’IMU.
Che servizi possono fornire gli enti locali se non hanno soldi? Se non hanno autonomia d’entrata e di spesa?
La questione è assai semplice: quale “federalismo” (sic) senza fondi?
Con che soldi pagheremo i servizi locali se aboliamo proprio le imposte a riscossione locale?
Chi predica le due cose in contemporanea, risponda prima a questa domanda. Dopo discuteremo dei contenuti, semmai.
Vogliamo abolire le imposte a riscossione locale, le prime e più dirette nell’alimentare i bilanci (quindi i servizi) che i cittadini vedono e vivono ogni giorno, quelli di cui usufruiscono quotidianamente? Come pensiamo di finanziarli allora? Pensiamo ancora ai trasferimenti da Roma? Oppure domani di metteremo ad urlare slogan sul “75% di tasse” trattenute?
Il “pago, vedo, voto” di Stradiotto è un concetto semplicissimo, ma fondamentale:
– i comuni hanno il controllo migliore sugli immobili presenti nel loro territorio: il controllo più diretto ed immediato, quindi sono gli enti meglio posizionati per riscutere simili imposte; pago
– essendo una riscossione diretta, i cittadini hanno modo di capire immediatamente e quotidianamente per cosa vengono utilizzati i loro soldi; vedo
– grazie a questo controllo diretto, i cittadini possono anche valutare l’operato delle amministrazioni e dei politici, possono chiamarli a rispondere delle proprie scelte ed imporgli un’assunzione di responsabilità. voto
Il federalismo è esattamente questo. Responsabilità localizzate, controlli localizzati.
Se pensiamo invece ai trasferimenti da Roma abbiamo esattamente l’effetto inverso: i soldi di tutti buttati in un unico calderone e ridistribuiti. Con allungamento dei tempi, ma soprattutto con allentamento dei controlli da parte dei cittadini stessi.
Ed un perverso effetto di “clientelismo” fra amministrazioni locali e centrali: io do i soldi a te, solo perché eei della mia parte politica.
Insomma, abolire l’IMU significa:
– abolire i controlli dei cittadini sulle entrate e spese pubbliche;
– abolire i controlli locali sull’abusivismo (edilizio …toh, una nuova casa: ora ci paghi);
– aumentare le lungaggini burocratiche tramite lunghi trasferimenti, ovvero: ridurre l’autonomia di spesa (quindi, ritardi nei pagamenti dei fornitori) e abolire i servizi locali (quelli che i cittadini più usano …hai pagato, ecco i tuoi autobus);
– favorire rapporti clientelari fra amministrazioni (utile strumento da campagna elettorale: votate noi, perché con loro i soldi non arriveranno);
– non avere la possibilità di ridurre le imposizioni fiscali su altri settori, quali il reddito da lavoro.
Secondo me, l’IMU dovrebbe essere iscritta in Costituzione: Imposta Municipale Propria, primaria e principale fonte di finanziamento dei comuni e, di conseguenza, primario e principale strumento di controllo delle amministrazioni locali sul proprio territorio e primario e principale strumento di controllo dei cittadini sulle attività delle proprie amministrazioni.
Questo sarebbe un vero passo verso il “federalismo”.
http://redpoz.wordpress.com/2013/05/17/imu-proviamo-un-semplice-ragionamento/
Rispondi