Luis Sepulveda – Ingredienti per una vita di formidabili passioni – 194 pagine. Guanda
Domani non sarà solo l’anniversario dell’attentanto alle torri gemelle, ma sarà anche l’anniversario dell’assassinio del presidente cileno Salvator Allende, avvenuta l’11 settembre 1973. Mi è sembrato quindi giusto proporre il libro di uno scrittore cileno che è stato molto vicino ad Allende: Luis Sepulveda.
La letteratura è impegno etico, almeno così la vede Luis Sepulveda, scrittore cileno esule in Europa che attualmente vive nelle Asturie. In questo libro ci dà il suo sguardo di cronista, in particolare di inviato, quale è stato nei diversi paesi attanagliati dalla guerra. A partire proprio dal suo Cile e dall’assassinio di Salvator Allende nel 1973, l’unica causa in cui Sepulveda si è messo in gioco, perché ci ha creduto fino a che la dittatura non ha sbaragliato dal campo qualsiasi idea di democrazia.
In questi scritti ci racconta di Allende, quanto di Neruda, ma anche dei minatori spagnoli che spesso sono in sciopero, della loro fatica, del loro sopravvivere a stento in un mondo che ha fatto della globalizzazione la sua ragione di distruzione. E se da un lato critica ferocemente il governo spagnolo, accusato di inettitudine (e che tanto somiglia a quanto accaduto in Italia negli ultimi 20 anni), dall’altro mette in risalto come in questo scenario le relazioni interpersonali siano centrali nella nostra vita. Non solo nel viaggio, ma anche nella quotidianità, l’incontro con l’altro dà un senso alla nostra vita. Anche quando parliamo di animali.
“Per me è particolarmente difficile immaginare una letteratura priva del conflitto fra l’uomo e ciò che gli impedisce di essere felice”, in questo assunto si riassume il libro, e l’ipegno di Sepulveda verso il mondo intero. In altre parole l’eticità della letteratura, il raccontare storie e dar voce a chi non ce l’ha. Nello sguardo critico che ogni cronista dovrebbe avere e a cui forse, noi italiani siamo poco abituati.
In questi scritti il lettore sente l’eco di grandi epoche e grandi autori che hanno accompagnato lo scrittore cileno anche come maestri e la tensione di chi cerca appunto di superare quel conflitto per raggiungere la felicità dell’Uomo.
Il linguaggio di Sepulveda è quello consueto, semplice e chiaro, scorrevole e che fa risaltare le emozioni e le passioni di un uomo del Sud, come egli stesso si definisce qui, più precisamente come il Sud. E in questo scenario non poteva mancare la famiglia, i suoi figli che lo chiamano “vecchio”, nomignolo che piace molto allo scrittore cileno, e che si ritrovano attorno ad una tavola imbandita per l’asado, ovvero la carne cotta allo spiedo. Un paio di loro sono cileni, gli altri sono nati in Germania, in un tempo che era già esilio per Sepulveda. Vivono sparsi nel mondo, ma si ritrovano tutti, a casa dei genitori. Perché alla fine anche il più grande combattente sente che il cuore si scalda quando si trova vicino ai suoi affetti, così importanti e centrali per lui. A quelli di ieri che sono diventati ormai un ricordo e a quelli di oggi, i figli e i nipoti, oltre che la propria compagna o il proprio compagno.
Senza mai dimenticare che, per quanto cittadini del mondo (e lui può a ben ragione dire di esserlo), siamo nati in un luogo preciso. Ed è lì che stanno le nostre radici, come se tutto ci riportasse a quel luogo, alle nostre origini. La nostra identità nasce dalle nostre radici e si nutre di coloro che ci amano e che, anche se a distanza, ci vivono a fianco in un esserci che è presenza concreta.
Bianca Folino
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