Tutto il discorso sulla presunta istigazione a disobbedire alle leggi di Beppe Grillo nei confronti delle forze dell’ordine è nato da un esposto del parlamentare del PD Fausto Raciti che, nella lettera inviata da Grillo ai vertici delle forze dell’ordine italiane avrebbe ravvisato tale istigazione.
Nella lettera il leader del M5S invitava le forze dell’ordine a non schierarsi a protezione dei politici italiani. Premettendo che tutte le leggi vanno rispettate, che la magistratura farà il suo corso e che Grillo avrà modo di difendersi nelle sedi opportune, credo che andrebbe fatta qualche considerazione proprio sul reato contestato a Beppe Grillo.
Art. 415 del Codice Penale, questo il dispositivo: “Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico , ovvero all’odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”.
Secondo la prevalente dottrina, il requisito della pubblicità costituisce l’elemento essenziale del reato.
Va ricordato che la Corte Cost. con sent. 23-4-1974, n. 108 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo tale articolo «nella parte in cui non specifica che l’istigazione all’odio fra le classi sociali deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità».
Tale sentenza sembra aver modificato il reato in questione, trasformandolo in un reato di pericolo concreto. Senonché, la Cassazione (Cass. I, 22-11-74), nello stesso periodo, ha escluso ogni effetto additivo e manipolativo alla suddetta sentenza della Corte Costituzionale, affermando che ad essa dovrebbe riconoscersi o una portata abrogativa di tutta la norma, o semplicemente l’efficacia di un invito al Parlamento a modificare la norma stessa.
Detto questo, credo che nessuno in Italia possa pensare che le forze dell’ordine si facciano istigare alla disobbedienza alle leggi da Beppe Grillo o da nessun altro.
Per tale ragione e per quelle riportate sopra, credo che tutto l’articolo di legge, a prescindere da Grillo, andrebbe rivisto.
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