Pennellate di dolore


 

il diario segreto di fridaAlexandra Scheiman – Il diario perduto di Frida Kahlo – 322 pagine. Rizzoli editore

Pennellate di dolore mischiate a tinte forti e una suggestione di profumi e sapori, pagine che sanno di zenzero e vaniglia. Sono questi gli ingredienti scelti da Alexandra Scheiman per dipingere la vita di Frida Kahlo. Non si può non amare la pittrice messicana che è stata capace di coinvolgere i suoi seguaci molto più dello stesso marito, il famosissimo Diego Rivera. E la si ama per la sua tenacia per quella passione che ha sempre messo, nella vita come nei suoi quadri, nonostante la sofferenza fisica che la farà morire prematuramente, a soli 47 anni.

Il libro si riferisce ad un diario perduto, ovvero ad un quaderno dalla copertina nera dove Frida segnava le ricette di cucina accompagnandole ad alcuni pensieri. Scheiman, scrittrice messicana, va oltre la semplice biografia per entrare empaticamente in contatto con Frida e ci riesce a pieno titolo. Con una forma narrativa snella che dà molto spessore e importanza al punto di vista della pittrice messicana, al suo modo di vivere gli eventi della vita e le passioni, dall’amore all’odio. La vicenda parte dall’apparizione di un messaggero, un cavaliere che è simbolo di cattivo presagio e in un certo senso, immagine stessa di quella che nel libro viene chiamata Madrina e che è la morte. La signora dal manto nero ha concesso una possibilità di vita a Frida, quando questa rimane vittima dell’incidente che le causerà tanto dolore. Potrà vivere, ma ogni giorno maledirà quella vita fatta soprattutto di sofferenza.

La scrittrice messicana dà prova di grande conoscenza di Frida e di grande amore per la sua arte. I riferimenti alle lettere private sono palesi, la narrazione è sempre dal punto di vista della pittrice e del suo dolore. Ma davvero è impossibile non subire il fascino di queste pagine che hanno un sapore, che lasciano nel lettore la suggestione di una cucina piccante e colorata e dei riti che accompagnano la cultura messicana, in particolare quello dei morti.

Il grande amore per Diego, il “panzon” come Frida lo chiamava affettuosamente, e i suoi tradimenti, la malattia e il dolore fisico, che accompagneranno la pittrice fino alla morte, coinvolgono il lettore, lo rendono partecipe. A partire dall’incidente che vede il bacino della pittrice dilaniato da un tubo, le successive operazioni e i ricoveri, il dolore di sempre, dovuto anche alla poliomelite. E la sua passione che si tramuta in rabbia e colore, che diventa pennellata e le conferisce la fama che ancor oggi accompagna la sua storia.

Gran parte del libro è ambientato nella famosa casa Azul, oggi museo dove arrivano gli amici di Frida e dove anche Diego spesso soggiorna, perchè com’è noto i due fecero costruire due case gemelle e comunicanti. In particolare qui Frida rivive nelle gonne alla tehuana, nelle sue camicette e nei colori che pone nel vestirsi che la fanno essere, così come è stata definita, una principessa atzeca. Dell’antica storia messicana Frida si fa memoria, non solo nelle ricette e nei colori, ma nel modo di essere e vivere la stessa morte, in modo tipicamente ironico ed esorcizzante. E la forza dimostrata dalla pittrice sembra attingere proprio a quelle radici.

Un romanzo davvero piacevolissimo che si legge d’un fiato, come fosse la proiezione di un film, nel quale ci sentiamo trascinati per vivere la vita di Frida Kahlo.

Bianca Folino

 

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