Marco Pannella, un anno dopo.


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Ricorre il primo anniversario della scomparsa di Marco Pannella
Alcuni elementi di riflessione sul vocabolario e la pratica politica del leader radicale che possano guardare alla lunga durata, tenendo presenti le sfide attuali.
L’antidoto al populismo

Pannella è stata senz’altro il primo leader politico italiano ad intercettare la frattura tra elettori ed élite partitiche, decenni prima che assumesse le dimensioni macroscopiche odierne. E’ del 1978 il referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti su cui i radicali, contro le indicazioni di voto di tutti i maggiori partiti, ottennero il 43,6% di sì. Nel 1983 Pannella condusse una campagna di boicottaggio del voto chiedendo di votare scheda bianca contro la partitocrazia. Pannella tuttavia denunciava la classe politica in nome del liberalismo e della fede nella democrazia, non del linciaggio dell’avversario. Una delle caratteristiche distintive della sua azione politica è stata il contrasto alla dinamica del capro espiatorio. Molti dei celebri “scandali” pannelliani sono legati alla difesa di vittime disegnate dall’opinione pubblica del momento. Toni Negri, Enzo Tortora, i parlamentari inquisiti di Tangentopoli, lo Stato di Israele, gli omosessuali, i tossicodipendenti, i carcerati. Pannella li difendeva in nome della democrazia e delle garanzie costituzionali contro linciaggi mediatici e giudiziari. E’ stato un esempio quasi di scuola di quello “scandalo” rivelatore evangelico così ben descritto da René Girard. Oggi leader e forze politiche capaci di mettere in gioco non solo il consenso elettorale, ma la propria reputazione, sapendo reggere l’onda del risentimento collettivo, sono rari. E la nostra epoca ne avrebbe più bisogno che mai.

Mettere in gioco il corpo

“Dare corpo” era una delle metafore da lui inventate a cui Pannella ricorreva più spesso. E in effetti Pannella è stato il politico dei digiuni, delle marce, degli arresti per disobbedienza civile, delle visite nelle carceri, e nei paesi in guerra o devastati dalla fame. La nozione che la politica si fa con il corpo, il cui sapore rivoluzionario viene associato agli anni Settanta, sembra essere assai più necessaria oggi, nell’epoca dei social network, delle app e dell’intelligenza artificiale. Nel reinterpretare e attualizzare questa formula pannelliana, l’Associazione Luca Coscioni coniò anni fa lo slogan: “dal corpo dei malati al cuore della politica”. A indicare che per comprendere fino in fondo alcune situazioni non basta il pensiero. Oggi gli studi sull’empatia lo confermano. Una politica priva del corpo è una politica che taglia fuori quantità crescenti di cittadini. E resta incapace di comprendere le persone che dice di rappresentare.

Il principio di legalità

Ricorda Giovanni Negri nel suo libro biografico su Pannella (“L’illuminato”, Feltrinelli) la forte influenza che la madre di origini svizzere ebbe sulla formazione del leader radicale. Si deve probabilmente a questo, oltre che alla frequentazione degli ambienti de “Il Mondo” di Pannunzio, l’ossessione calvinista per la legalità che ha accompagnato tutta la vita politica di Pannella. Nella sua lettura è questo il nodo dell’arretratezza italiana, di quello che definiva il “caso Italia”. Il mancato rispetto della legge da parte del potere. Pannella non ha mai aderito alle tesi “culturaliste”, quelle che incolpavano il “familismo amorale”. Sono le istituzioni occupate dalla “partitocrazia” che creano gli incentivi che premiano o scoraggiano determinati comportamenti privati. Un’analisi che trova illustri antecedenti come Gaetano Salvemini. Tuttavia è probabile che il bersaglio individuato da Pannella debba essere rivisto. Come ha dichiarato l’ex assessore alla legalità di Roma Capitale, Alfonso Sabella, “chi decide tutto sono i burocrati, i dirigenti comunali”. Secondo alcuni studiosi l’uso del termine partitocrazia può essere fuorviante. Il potere dei partiti si è dimostrato, sul lungo periodo, “un gigante dai piedi di argilla” (Cotta e Isernia 1996). La tesi di questi studiosi è che molto più delle caratteristiche del sistema istituzionale italiano e della dinamica della competizione tra i partiti, quello che abbia contato sia stato il funzionamento della burocrazia: la parte attuativa delle politiche, più che quella decisionale. E’ lì che il potere viene esercitato e l’applicazione della legge piegata agli interessi particolari. Sarebbe interessante vedere l’azione radicale per il rispetto della legalità operare nei confronti delle ASL, della gestione del cosiddetto “privato sociale”, degli uffici urbanistici e delle società partecipate che gestiscono i vari servizi pubblici locali.

La nonviolenza

Pannella ha introdotto nella politica italiana, dandogli efficacia politica e mediatica, le prassi di azione nonviolenta già utilizzate in India da Gandhi e negli Stati Uniti da Martin Luther King. Si devono a scioperi della fame, disobbedienze civili e obiezioni di coscienza l’approvazione di leggi come il divorzio, la prima depenalizzazione del consumo di droghe leggere e l’alternativa civile al servizio militare. I radicali hanno sempre rivendicato l’innovatività di questa modalità di azione politica, che dava un potere di iniziativa all’individuo mettendolo in un confronto diretto con le istituzioni. Queste prassi hanno tuttavia origine in contesti in cui sono state utilizzate a livello di massa. Nel caso del Partito radicale sono invece sempre più divenute appannaggio dei leader nazionali, e in particolare dello stesso Pannella, usate come mezzo per ottenere visibilità mediatica per alcune campagne. Questo in parallelo con una strutturazione del partito centralizzata intorno alla leadership di Pannella. Sarebbe stato interessante per i radicali, così come avvenne negli anni Sessanta per la redazione del loro primo organo di informazione (Agenzia radicale), confrontarsi con la tradizione “radicale” americana. Il modello del “community organizing” inventato da Saul Alinsky, per cui è passato anche un giovane Obama, costituisce un esempio di provata efficacia di organizzazione a leadership decentralizzata. Quella coniugazione di approccio non ideologico, struttura leggera e partecipazione che il Partito radicale ha sempre perseguito nei suoi statuti e mozioni, senza riuscire mai davvero a incarnare.

La dimensione transnazionale

Nel 1986 Pannella propose la trasformazione del Partito radicale in forza politica transnazionale. “Esistono problemi che derivano dalla crescente integrazione, dalla crescente interdipendenza del mondo, e che non possono essere affrontati e governati con i vecchi strumenti della politica”, dichiarò. L’impegno sul fronte transnazionale ha consentito ai radicali di condurre alcune campagne di rilievo andando a occupare un ambito di iniziativa politica all’epoca quasi del tutto scoperto. Tra le più importanti sono da segnalare la campagna per gli Stati Uniti d’Europa, quella per l’ingresso di Slovenia, Bosnia e Croazia nell’Unione europea, la creazione dei tribunali speciali per i crimini di guerra e del Tribunale penale internazionale, la moratoria della pena di morte, il riconoscimento dell’autonomia del Tibet e la revisione delle politiche Onu sulla droga. Quello che è mancato è la capacità di rendere sostenibile l’organizzazione necessaria a portare avanti campagne su questa scala. Nella visione federalista a cui Pannella ha sempre fatto riferimento, ogni decisione va presa al livello più vicino al cittadino. In Italia questo livello è quello comunale. O quello, altro cavallo di battaglia pannelliano, delle città metropolitane. Il giorno dopo i risultati del referendum Brexit la sindaca di Parigi Anne Hidalgo e il sindaco di Londra Sadiq Khan hanno diramato una dichiarazione congiunta: “se il XIX secolo è stato caratterizzato dagli Imperi e il XX dagli stati-nazione, il XXI secolo appartiene alle città”. Si moltiplicano le iniziative di collaborazione transnazionale tra città e sindaci. Il politologo americano Benjamin Barber ha dato vita a un “Parlamento globale dei sindaci”. Mancano attori politici in grado di agire su questa nuova dimensione. Negli ultimi anni i radicali hanno tentato di radicarsi in alcune città e nelle politiche metropolitane. Sapersi calare nel contesto locale, e continuare a pensare globalmente sono due qualità rare in politica, ma abbondantemente presenti nella classe dirigente radicale.

http://listino.lastampa.it/2017/05/18/italia/politica/un-anno-senza-pannella-gi-passato-2GsAYmWKpu8uVcpLlwrWCJ/pagina.html

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