
E’ sempre difficile non scavalcare quel filo sottilissimo che divide dalle sabbie mobili della retorica quando ti trovi a raccontare la storia di chi non c’è più e vorresti ci fosse ancora. Ed è difficile non solo per il dolore dell’assenza, ormai ventennale il prossimo 23 maggio 2022, ma anche per il silenzio che, fatta salva qualche rara eccezione, fatalmente l’ha accompagnata. Nel 1959 si impose con la struggente Arrivederci che ancora oggi viene eseguita in tutto il mondo . Così in vita come in morte. Umberto Bindi è stato un’anima fragile, pura, dolente, schiacciata dalle chiacchiere di un’Italia bigotta e sessuofobica che elevava la sua omosessualità a simbolo della sua identità. Nulla di più sbagliato. Nulla di più ottuso. In una puntata del Maurizio Costanzo Show del 1988, il cantautore della scuola genovese dichiarò pubblicamente la propria omosessualità raccontando i soprusi e le ingiustizie subite nel corso degli anni. Bindi, in tutta la sua esistenza, non ha fatto altro che rivendicare la propria presenza. Il suo diritto a esistere, a essere, e non importava cosa. Vissuto nella più triste delle solitudini, malato da tempo morì a Roma Il prossimo 12 maggio, avrebbe compiuto 90 anni.