Siccità e diluvi cambiano agricoltura e infrastrutture.


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I segnali sono evidenti. C’è siccità. Ci sono temporali furiosi. Gli incendi inceneriscono i boschi sulle colline del Messinese e sui fianchi del Vesuvio. Le colture si disseccano. Il clima cambia, questo ormai pare sicuro; ma la questione del clima non è solo il distacco dell’iceberg Larsen C dai ghiacci del Polo Sud, ma anche cosa accadrà in Italia. E accade che l’Italia deve prepararsi a un cambiamento del modo di produrre e a un cambiamento nel modo di gestire il territorio. Con un clima diverso, con un modo diverso di piovere e di non piovere, cambiano la produzione e il consumo di elettricità, le colture, i princìpi per progettare le infrastrutture.

Primo, questi fatti dicono che bisogna cambiare il modo in cui pensiamo la produzione agricola. Le colture tipiche del Mezzogiorno si sposteranno verso l’Alta Italia e ci saranno oliveti assai più a Nord, per esempio in val Lagarina o in Valtellina, rispetto a quelli che oggi rendono celebre il Garda e la Liguria.

Secondo effetto, cambia il modo di consumare elettricità. Si useranno molti più chilowattora per raffreddare primavere e autunni caldi ed estati torride, e molto meno per riscaldare inverni mitissimi. E raffreddare non significa solamente il funzionamento del condizionatore dell’ufficio, della casa o dell’automobile: significa che dovranno lavorare più a lungo i compressori dei frigoriferi di casa, dei banchi refrigerati nei supermercati e di tutta la catena del fresco e del freddo. Significa maggiore quantità di derrate deperite e immangiabili. Significa maggiore stress per le centrali elettriche. E un diverso utilizzo delle centrali idroelettriche.

C’è un altro elemento. Il clima, come si sta sperimentando, tenderà ad accentuare i fenomeni estremi: lunghissimi periodi senza pioggia interrotti da tempeste furiose e brevissime.. Pioggia sulle cui quantità non sono tarati i canali e le rogge, le misure delle gronde, le inclinazioni dei ponti, la forma dei tetti e il dimensionamento delle tegole, le spallette e gli argini dei fiumi, l’uso dei fiumi per le acque di raffreddamento delle centrali termiche, l’uso irriguo delle acque del sottosuolo, più scarse e spesso salate.

Il cambiamento del regime di pioggia, con enormi quantità d’acqua concentrate in tempi brevissimi e accompagnate da venti furiosi, chiederà criteri diversi di progettazione delle infrastrutture, concepite ancora oggi secondo gli standard climatici dell’Ottocento e del Novecento. E chiederà un diverso modo di pensare il territorio, fragilissimo e infiammabile. Messina e il Vesuvio chiedono più forestali, più aerei antincendio, una cultura più attenta del territorio in cui viviamo.

 

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