Di Samanta di Persio
Francesco Tuccia ha il viso angelico, una faccia pulita. Ha appena 22 anni, l’aria rassicurante, qualsiasi genitore lascerebbe uscire la propria figlia con lui: è un militare, non è un mafioso. Ma il mostro indossa una maschera perfetta. Nessuno avrebbe potuto immaginare che il 12 febbraio sarebbe stato capace di violentare e tentare di uccidere una sua coetanea in una discoteca. Se non fosse arrivata la security la ragazza sarebbe morta dissanguata al freddo, in mezzo alla neve. Il Tuccia ha sempre parlato di un rapporto consenziente, ma dall’inchiesta è emerso che avrebbe usato un corpo estraneo con il quale ha perforato l’utero della studentessa che probabilmente dovrà rinunciare ad essere mamma.
Una domenica come tante altre da trascorrere fra balli, amiche, baci e perché no sesso, si è trasformata in un incubo. L’incubo non termina con quanto di più violento possa essere fatto ad una donna. Come spesso accade in Italia, il peggio deve arrivare. L’abuso finale arriva da chi dovrebbe difenderti, da chi implori come un ultimo respiro per poter sopravvivere: la giustizia. Il Gip Gargarella ha disposto, secondo la legge, di concedere i domiciliari (con l’accusa di violenza aggravata e tentato omicidio). Il tutto accade con una debole protesta da parte dei cittadini. In questo caso dovrebbero indignarsi gli uomini perché sicuramente molti di loro condannano la violenza del Tuccia. Dovrebbero gridare le donne perché il loro corpo può essere martoriato, seviziato e l’autore di questi atti può starsene a casa sua. Se Francesco Tuccia si fosse chiamato Abdul, Pavel, Dimitru? La reazione sarebbe stata diversa, sarebbe intervenuta per prima la politica con lo spettro dell’immigrato. Invece, questa volta, si tratta di un italiano ex caporale dell’esercito, evidentemente in questo caso non si può chiedere rigore, la certezza della pena.
La studentessa ha dichiarato di voler lasciare l’Italia, come darle torto se, dopo quanto le è accaduto, la delusione più grande arriva dalla magistratura?
http://sdp80.wordpress.com/2012/06/12/la-violenza-della-magistratura-sulle-donne/
4 risposte a “La violenza della magistratura sulle donne”
se succedeva a mia figlia l’avevo già scannato.
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Pare brutto dirlo, ma… se fosse successo alla figlia di quel magistrato? Viene proprio voglia di farsi giustizia da soli!
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[…] Dunque, ieri sulla mia pagina di Facebook, sia io che altre due amiche (che per amor di privacy chiamerò Charlotte e Danielle à sono gegnale, lo so) abbiamo pubblicato con un certo sdegno un link in merito agli arresti domiciliari concessi al Delinquente di Pizzoli. […]
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Purtroppo l’intero sistema penale italiano (codice, codice di procedura, magistrati) è sbilanciato clamorosamente in direzione dell’imputato (che spesso è anche reo). Questi sono i risultati.
Così c’è una duplice ingiustizia in Italia : i grandi crimini non vengono adeguatamente puniti. I crimini minori, invece, sono spesso gli unici puniti (di solito commessi da chi non ha i soldi adatti per trovare un buon avvocato e da chi proviene da situazioni disagiate – stranieri in primis)
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